venerdì 7 ottobre 2016

LIBRI PER LEGGERE NEW YORK

Conoscere New York tramite libri e fumetti è possibile. Quale titolo consigliare, tra i migliaia esistenti, al lettore di Laspro è impresa ardua. Impossibile. Troppo vasta la produzione di storie ambientate nella Grande Mela. Con quale coraggio sceglierne alcune a discapito di altre. Tutti oggi conosciamo New York già prima di visitarla, per la prima volta, grazie alle nostre letture. Per non parlare di film, documentari e servizi dei telegiornali che hanno reso attraverso le immagini  familiari ai nostri occhi i luoghi della città. Il turista, durante la prima settimana di permanenza in città, è convinto di esserci già stato. Passeggiare a  Manhattan è un continuo deja vu. Guardare le scale antincendio dei palazzi ci catapulta dentro un inseguimento tra guardie e ladri, dove noi, e non una star del cinema, siamo i fuggiaschi. Consapevole dell’impossibilità di affermare che quelli di cui scriverò sono i libri che meglio rappresentano New York, scelgo a caso dei titoli dagli scaffali della mia libreria.
Partiamo dal thriller storico Il dio di Gotham di Lyndsay Faye (Einaudi). La storia narrata si svolge nel 1845. Timothy Wilde, il protagonista, lavora in un bar ma un incendio brucia il locale che gestisce e lo lascia sfigurato. Trovatosi senza lavoro Timothy accetta, senza entusiasmo, un impiego procurato dal fratello nella neonata polizia di New York, creata su spinta del Partito Democratico. Durante un turno di ronda  nella sua zona di competenza, i Five Points, il quartiere più malfamato della città, si imbatte in una pupattola, una prostituta bambina, i cui vestiti sono coperti di sangue. La ragazzina gli racconta una storia secondo la quale decine dei suoi coetanei sarebbero stati uccisi e sepolti nella foresta nei pressi della 23ma strada. Il romanzo è un thriller piacevole da leggere ma la sua forza è nella ricostruzione della vita della città a metà Ottocento. Il corpo stabile di polizia aveva difficoltà di affermazione poiché inviso ai nativi newyorkesi, in quanto in antitesi ai valori patriottici della rivoluzione. L’abolizione dello schiavismo negli stati del Nord non determinò emancipazione e integrazione degli afroamericani. E poi c’era il problema della massiccia immigrazione, in quegli anni, degli irlandesi a causa della peste della patata che affamava l’Irlanda.
Il secondo libro consigliato, se volete saperne di più sui Five Points, è C’era una volta New York Storia e leggenda dei bassifondi di Luc Sante (Alet edizioni). L’autore è stato il consulente storico di Martin Scorsese per il film Gangs of new york. Questo saggio si può descrivere come un trattato sui vizi e le insidie che la città offriva alle classi subalterne nell’Ottocento. Si legge nella prefazione: «New York è una costellazione molto più grande della somma  delle parti che la compongono; è una città e anche una creatura, una mentalità, una malattia, una minaccia, un’elettrocalamita, un apparato scenico da quattro soldi, un catalizzatore di disgrazie». Il libro ci parla della nascita di luoghi che ancora oggi rappresentano il mito della Grande Mela. Strade popolate da figure metropolitane, il barista con i baffi a manubrio, il delinquente con la maglia a righe, il giocatore di poker con la visiera verde e lo sbirro che fa roteare il manganello,  immagini assimilate nel subconscio della città che assumono, per gli abitanti, i contorni di una vera e propria tradizione. Come altro spiegare  che la Bowery mantiene ancora il sentore di bettola e di bordello che non merita più dalla prima decade del secolo scorso, forse dipende dal fatto che i Bowery Boys, una delle prime gang della città, hanno ispirato commedie e film fino al 1958. Sicuramente il mito della Bowery, si rifondava nella seconda metà degli anni ’70 del Novecento in un locale, il CBGB’s, dove nasceva il punk.
Abbandoniamo le leggende e le gangs di New York per passare a due libri del grande scrittore Jonathan Lethem. Citarli a un tavolo di hipster in un locale del Pigneto permetterà al lettore di Laspro di spiacionare e rimorchiare. Il primo romanzo Chronic City (Il Saggiatore) è ambientato in una Manhattan soggetta a perenni nevicate – i fiocchi cadono in tutte le stagioni – dove la popolazione vive terrorizzata a causa dei continui avvistamenti di una tigre. Il protagonista Chase Insteadman, campa grazie ai diritti di immagine derivati dalla sua giovinezza da star di una popolare sit-com. La sua presenza è sempre richiesta nel jet set anche per via di una tragedia in pieno svolgimento cui i tabloid riservano molta attenzione: la sua fidanzata è alla deriva, a bordo di una stazione spaziale, nella stratosfera. Nella sua vita artificiale, una routine cadenzata da feste e cene esclusive nell’Upper East Side, entra prepotentemente in scena Perkus Tooth, un critico pop farneticante, complottista e paranoico. Perkus con la sua sapienza controculturale, aiutato dall’abuso di marijuana, attira Chase in un’altra Manhattan, dove gli interrogativi su cosa sia reale e che cosa sia falso assumono un’urgenza sconvolgente. Un romanzo eccezionale. Un capolavoro!
L’ultimo lavoro di Lethem, uscito in Italia nell’aprile 2014, I giardini dei dissidenti.(Bompiani) è un affresco del comunismo statunitense dagli anni ’30 del secolo scorso alla nascita di Occupy Wall Street.  A chi scrive, questo romanzo ha ricordato, nella struttura e nella scrittura, Underworld di Don DeLillo (Einaudi), che io considero il più grande romanzo della seconda metà del NovecentoI giardini dei dissidenti ci racconta di due donne eccezionali: Rose Zimmer, nota a tutti come la Regina Rossa di Sunnyside, zona del Queens famosa per il suo esperimento di architettura socialista, è una comunista ortodossa che s’impone con  la sua personalità a famigliari, vicini di casa e membri del partito. La figlia Miriam è impregnata di sogni utopici e desiderosa di fuggire dall’influenza della madre per abbracciare la controcultura del Greenwich Village. A un certo punto del romanzo – anche nell’opera di Lethem ricorre il mito della Bowery – Miriam dirà, mentre cammina durante una bufera di neve per la prima volta  insieme al suo futuro marito Tommy: «Sai perchè si chiama Bowery? Qui è dove un tempo New York finiva. (…) Gli Olandesi avevano questo sentiero che conduceva alle fattorie e ai boschi. Qui c’era un padiglione, una bower, una specie di pergola gigante (…). Passavi attraverso il padiglione, e uscivi dalla città, entrando nel territorio selvaggio».
Finisco i miei consigli con New York di Will Eisner (Einaudi) la più importante graphic novel della storia della letteratura. Non essendo degno di scrivere di un opera così immensa farò parlare direttamente l’autore. «Viste da lontano, le città sono un mucchio di grandi edifici, grandi quantità di persone e grandi aree. Ma questo per me non è “reale”. La realtà è come la grande città viene vista dai suoi abitanti. La vera immagine è nelle crepe del suolo e nelle piccole componenti delle sue architetture, là dove turbina la vita quotidiana». Chi non conosce il lavoro di Will Eisner colmi subito questa voragine correndo dal proprio libraio di fiducia.
Il Tacco del DUKA

Nessun commento:

Posta un commento