mercoledì 21 settembre 2016

Sudafrica, con sosta in Arabia Saudita.

Il Sud Africa nella mia testa è  un’eco di nomi, di suoni, di immagini. Sulla carta geografica è la punta estrema del continente e Città del Capo è una di quelle città che esercitava su di me una strana attrazione, anche prima di averla visitata. Così come Rio, Istanbul o San Francisco, di cui, poi, mi sono perdutamente invaghito.
Il Sud Africa è anche natura, ed i suoi innumerevoli Parchi Nazionali sono una meta imperdibile; così come imperdibili sono le spiagge bagnate dagli oceani.
Insomma il “Paese arcobaleno” offre davvero tanto, ma le distanze sono parecchie ed è, indubbiamente, necessaria una buona organizzazione. Nulla di trascendente, ma è importante studiacchiare e capire il territorio, soprattutto se ci si muove con un budget limitato.
Intanto il biglietto aereo…  La Saudi Arabian fa dei prezzi davvero competitivi con partenza da Milano ed arrivo a Johannesburg; l’unica incognita è la lunghezza dello scalo (obbligatorio) a Jeddah, seconda città dell’Arabia Saudita, dopo Rihad, e, soprattutto, crocevia per i milioni d pellegrini che vanno nella vicinissima La Mecca. Insomma trovare un posto dove stazionare nell’aeroporto (in grandissimo ampliamento, ma per ora è un unico enorme spazio in cui si alternano flotte di credenti provenienti da tutto il mondo che molto spesso viaggiano in gruppi enormi)non è comodissimo. E se dovete stazionare  12 ore l’unico duty free (ed anche unico shop) non vi aiuta a passare il tempo; ma basta un buon libro (io avevo per le mani Conversazioni nella Catedral  di Vargas Llosa – wow -) ed un mazzo di carte, e il tutto diventa molto meno pesante. E guardare varie persone  di differenti continenti, ammirare il variegato e complesso rapporto con la fede, studiare le modalità di “relazione”, mi ha aiutato ancor di più a sorridere (ed un po’ ad incazzarmi)  pensando alla faciloneria con cui alcune testate e alcuni imbrattacarte (non meritano l’appello di giornalisti) targettano in un moloch indefinito l’Islam. Varietà, pluralità, differenza, come sempre, come tutto nel mondo. Ma per capire le differenze bisognerebbe conoscere, e questa  è un’altra storia.
Arriviamo a Johannesburg, dove ci aspettano per consegnarci l’auto affittata, una tranquillissima Hyundai i10. Consiglio questo sito per prenotare, sono stati puntuali ed onesti www.xtremecarrental.co.za. Quando stavo organizzando il viaggio temevo che dovessi affittare necessariamente un  4×4 (ed ovviamente la cosa avrebbe creato non pochi “problemi”) ma approfondendo ho visto che era sufficiente una vettura piccola, e per gli spostamenti off-road ci saremmo organizzati di volta in volta con “mezzi terzi”.
Serve la patente internazionale e, soprattutto, si guida a destra. E’ luglio ma fa parecchio freddo, siamo nell’emisfero australe e Joburg  (diminutivo riconosciuto, utilizzato ed apprezzato) si trova a 1680 m su un altopiano.

Ci immettiamo nel traffico sudafricano, che alle 2 di pomeriggio è abbastanza sostenuto. Prima di riuscire ad immetterci sulla N1, che porta verso sud ed è l’arteria principale del Paese , impieghiamo un po’ di tempo attraversando l’hinterland. Agglomerati di case ad un piano, persone sul ciglio della strada, ci supera un camion che porta oltre 15 persone nel carro; alcuni bambini, sorridono di felicità. Emerge con chiarezza  una povertà evidente che fa da stridente contrappeso ai macchinoni che erano all’aeroporto e alle pubblicità sui cartelloni vicino al Tambo Airport. Il prologo dice con chiarezza e durezza  che sarà un viaggio caratterizzato dai forti contrasti, tra persone che fanno decine di chilometri ogni giorno a piedi e chi viaggia  con autovetture extra-lusso. Era il Paese dell’apartheid, resta un Paese dai forti squilibri.

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